Ci sono periodi in cui vanno in tendenza, sui social e sui media, alcuni termini di cui fino a pochi giorni prima si ignorava l’esistenza ed il significato e che, da quel momento in poi, appaiono fondamentali per le nostre vite.
In queste settimane il termine in trend topic sembra essere Stagflazione.
Parto con una sintesi, per i più pigri, e poi mi dilungherò in un approfondimento per i più curiosi e pazienti.
Sintesi: La stagflazione è un fenomeno causato dal combinato disposto di aumento generalizzato dei prezzi (inflazione) ed un contestuale calo del PIL. Moriremo di stagflazione? Probabilmente no. Può essere un fenomeno pericoloso per l’economia? Probabilmente si, soprattutto se non si entra nell’ottica di utilizzare i propri risparmi per abbattere questi rischi, possibilmente facendosi guidare da un esperto della materia.
Ok, adesso i pigri possono cambiare pagina, mentre io continuo a scrivere il resto del papiello per i (pochi) stakanovisti della cultura dell’informazione e dell’approfondimento.
I giornali e le cassandre ci ripetono che non c’è pace per l’economia mondiale: ieri la pandemia ed oggi la guerra, potrebbero cancellare con un colpo di spugna tutti gli sforzi fatti dall’Europa con il Pnrr per la ripresa economica. Le nuvole nere che fanno temere il diluvio partono dalla Germania, la capofila dell’economia europea, ed è proprio dal cielo nuvoloso sopra Berlino che arriva il pericolo incombente di quella che gli esperti chiamano Stagflazione.
Che cos’è la stagflazione (non in sintesi)
Quando il Prodotto interno lordo (Pil) di una nazione registra una crescita molto bassa o addirittura nulla si parla di stagnazione, mentre quando mostra per due trimestri consecutivi una variazione negativa, si dice che quell’economia è in recessione tecnica, ossia sono sei mesi che non produce valore, che non cresce. La recessione economica è invece certificata da una variazione negativa del Pil rispetto all’anno precedente, con un tasso superiore al -1%. Al di sotto di questo valore si parla di crisi economica.
Tutto ciò premesso, la Germania ha già registrato un Pil negativo lo scorso trimestre e le previsioni indicano che anche il prossimo avrà un segno negativo (ed ancora non conosciamo le ripercussioni che avrà sull’economia tedesca e, di conseguenza europea, la mossa di Putin di pretendere i pagamenti del gas in rubli…)
Risultato: la Germania entrerà in una recessione tecnica, la domanda di beni e servizi da parte dei consumatori s’indebolirà, la produzione rallenterà, aumenterà la disoccupazione. Solitamente in un contesto del genere il tasso d’inflazione dovrebbe scendere, ma cosa succede se i prezzi invece di diminuire salgono? In questo caso possiamo dire che l’economia è in stagflazione, ossia soffre non solo per l’assenza di crescita ma anche per il rincaro dei prezzi. Tutto chiaro?
La stagflazione è un pericolo serio?
Sicuramente non è una passeggiata di salute
La stagflazione rappresenta un serio pericolo per l’economia perché è un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. Le banche centrali hanno degli strumenti per stabilizzare la crescita dei prezzi, ma non ne hanno per stimolare l’attività produttiva. Quando un’economia è in recessione e i tassi d’inflazione sono bassi, le banche centrali immettono liquidità sul mercato per far aumentare i prezzi, ma quando contemporaneamente si è in recessione e si hanno tassi d’inflazione elevati le banche centrali hanno le mani legate e possono fare ben poco perché se tolgono liquidità al sistema danneggiano un’economia già in crisi, se la immettono non fanno altro che alimentare la crescita dei prezzi senza incidere sulla produttività.
Il precedente degli anni 70
La situazione di questi giorni riporta alla mente degli analisti di mercato e dei giornali economici il ricordo degli anni 70 quando, per una concomitanza di eventi economici avversi, si registrò una stagflazione nella maggior parte dei paesi avanzati. Rileggendo i fatti si desume che all’epoca la crisi partì dall’aumento dei prezzi del petrolio deciso dall’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec). Il rincaro del petrolio ebbe l’effetto di contagiare i prezzi di tutti gli altri beni ad esso legati, dalla benzina agli alimentari, provocando una caduta della domanda che generò una recessione economica. La contemporanea presenza di stagnazione e inflazione creò una situazione difficile da gestire, molto simile a quella attuale (oggi aggravata, bisogna ammetterlo, da un conflitto in cui muoiono migliaia di esseri umani).
C’è un’altra similitudine preoccupante con il 1970: L’Opec nei mesi scorsi ha deciso di non aumentare la produzione di petrolio a livelli sufficienti per sostenere la ripresa post pandemica, provocando un’impennata dei prezzi del greggio (questa è la vera ragione del caro benzina e non la guerra tra Russia – Ucraina). I prezzi dell’energia sono arrivati alle stelle a causa della riduzione delle scorte legate alla pandemia e per le problematiche sorte nella catena di approvvigionamento. L’inflazione, dunque, si è propagata ad un tasso più veloce di quanto ci si aspettasse ed ora il conflitto Russo-Ucraino, le sanzioni alla Russia, le contromosse di Mosca per ridare forza al Rublo, non fanno altro che indebolire le economie già piegate dal Covid e dalle politiche di restrizioni più o meno cervellotiche applicate dai vari governi.
Mi sembra abbastanza superfluo sottolineare (però lo sottolineo) che quello della stagflazione non sia un problema solo degli Stati Uniti o della Germania. Siamo tutti economicamente interconnessi, quindi un problema di Washington o di Berlino impatterà pesantemente anche su tutti gli stati membri dell’Unione europea, Italia compresa.
Inoltre (piove sul bagnato) il conflitto in atto coinvolge territori europei che rappresentano una delle principali fonti di materie prime di ogni tipo: petrolio, gas, grano, minerali, metalli, ecc. Un’impennata sostenuta dei prezzi dell’energia e delle materie prime alimenterà le pressioni sui prezzi con un rischio considerevole che l’inflazione si radichi, innescando a cascata effetti secondari più duraturi.
Si, amici miei, so cazzi.