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Il conto alla romana e la flat tax: l’ennesima bufala in bocca agli ignoranti

Da giorni circola sui social una spiegazione all’amatriciana sul funzionamento della flat tax: una metafora azzardata con il pagamento alla romana di un conto al ristorante tra chi prende solo la pizza e chi l’aragosta. Mi permetto di dire che queste metafore dovrebbero semplificare il messaggio e non mistificarlo.

Il paradosso ed il limite di questi copia & incolla sui social è che molti lo fanno in buona fede e se gli fai notare l’errore, si giustificano dicendo che loro lo hanno solo condiviso, sdoganando de facto l’ignoranza di riporto.

Lungi da me schierarmi a favore o contro di una riforma del sistema di tassazione che reputo abbastanza improbabile e di difficilissima attuazione (ma che, comunque, in molti altri Paesi viene utilizzata); ma per amore della verità proverò a spiegare come funziona l’attuale tassazione e come funzionerebbe una eventuale (ed improbabilissima) flat tax.

Innanzitutto dietro questo copia & incolla si nasconde una profonda ignoranza su come funzionino le percentuali: Le percentuali sono quelle cose che studi in matematica in quinta elementare, quindi anche un analfabeta funzionale laureato all’università della strada e specializzato su Facebook dovrebbe conoscere.

Per riprendere l’idea del ristorante, vediamo come funzionano i sistemi di tassazione.

Il pagamento alla romana implica che tutti paghino la stessa cifra a prescindere da quello che hanno ordinato. Se Tizio ha preso l’aragosta, Caio la pizza e Sempronio la carbonara, arrivato il conto di 90€, si divide pagando 30 € a testa; in questo modo tutti pagano lo stesso valore assoluto. Se fosse vero questo allora in sede di dichiarazione dei redditi:

  •  Tizio con un reddito di 15’000 € pagherebbe 2.000 €
  • Caio con un reddito di 50’000 € pagherebbe 2.000 €
  • Sempronio con un reddito di 1.000.000 € pagherebbe 2.000 €


Nella realtà la flat tax prevede ben altro e cioè che tutti paghino la stessa percentuale e non la stessa cifra, indipendentemente dal reddito. Quindi se questa percentuale fosse (per esempio) del 20%:

  • Tizio con un reddito di 15’000€ pagherebbe il 20% che corrisponde a 3.000€
  • Caio con un reddito di 50’000€ pagherebbe il 20% che corrisponde a 10.000€
  • Sempronio con un reddito di 1.000.000€ pagherebbe il 20% che corrisponde a 200.000€.

L’attuale sistema italiano, che la nostra Costituzione prevede come progressivo, al netto di deduzioni e detrazioni, funziona più o meno così:

  • Tizio con un reddito di 15’000€ paga il 23% che corrisponde a 3’450€. Se guadagnasse dieci euro in più, l’aliquota diventerebbe del 25% per tutto ciò che eccede i primi 15.000€, fino ad arrivare a 28’000€ di reddito. Cioè: sui primi 15’000€ paga il 23%, ma su quei dieci euro in più paga il 25%
  • Caio, con un reddito di 50.000€ paga il 28.8% che corrisponde a 14’400€. In realtà, fra i 28’000 e i 50’000 l’aliquota è del 35%. Essendo sul margine, se guadagnasse qualche euro in più, l’aliquota diventerebbe 43%
  • Sempronio con un reddito di 1.000.000€ paga il 42,29% che corrisponde a 422’900€.

Ed ovviamente mi sto limitando al solo calcolo dell’IRPEF, escludendo le addizionali comunali e regionali, l’INPS e le imposte pagate dal datore di lavoro.

Facendo due calcoli veloci, basterebbe un solo Sempronio per pagare le imposte di 122 lavoratori come Tizio. Tuttavia il reddito di Sempronio  è solo 66 volte più altro di quello di Tizio e non 122. 

Dunque, la flat tax è migliore o più giusta? Dipende.

Adam Smith, il padre dell’economia politica, sosteneva che ha senso una tassazione progressiva a patto che la forbice fra le aliquote non sia troppo alta. Se vivesse oggi in Italia riterrebbe sicuramente eccessiva la differenza di aliquote: dal 23% al 43%! L’ideatore della flat tax moderna, Milton Friedman, sostiene che la flat tax non è solamente più efficiente, ma anche più giusta. Con una flat tax, tutti pagherebbero la stessa aliquota, indipendentemente dal livello o dal tipo di reddito, senza penalizzare eccessivamente chi riesce a guadagnare di più.

E per le categorie indigenti? Milton Friedman aveva individuato due possibili soluzioni:

  • Una No tax area, ossia una soglia sotto la quale non si pagano imposte. Viene applicata oggi in Gran Bretagna, dove non si pagano imposte se si ha un reddito inferiore alle 12.500 sterline.
  • Una Imposta negativa: se un individuo ha più detrazioni del suo reddito, o se non ha abbastanza reddito, anziché pagare le imposte ne riceve una certa quantità. In questo modo, si evitano bonus, sussidi e integrazioni del reddito con meccanismi complicati e inefficienti o strumenti come il reddito di cittadinanza che ha creato delle sacche di improduttività e paradossi di famiglie che guadagnano più di un lavoratore pur restando sul divano.

La metafora che circola sul web è quindi del tutto fuorviante e faziosa, inventata per denigrare una forma di tassazione, mistificandola, anziché provando a spiegare perché sarebbe (eventualmente) sbagliata.

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