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Le lezioni di Velasco per il lavoro e la vita

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Non si molla: tre regole di Julio Velasco che valgono anche nel lavoro di consulenza

Ci sono allenatori che hanno cambiato lo sport, ma soprattutto il modo di pensare alla vita. Julio Velasco è uno di questi. Chiunque abbia avuto la fortuna di ascoltarlo, anche solo in una conferenza, porta con sé un frammento delle sue idee, che vanno ben oltre la pallavolo.

Le sue regole, semplici e severe come quelle che i grandi maestri sanno trasmettere, sono diventate nel tempo un manuale di sopravvivenza anche per chi lavora lontano dai campi da gioco. Professionisti, consulenti, imprenditori: tutti possiamo riconoscerci in quei principi che parlano di errori, di alibi, di coraggio.

Ecco perché, nel mio lavoro di consulenza e formazione, spesso ritorno a tre regole fondamentali di Velasco. Non sono frasi fatte, sono strumenti pratici. Non sono slogan motivazionali, ma architravi culturali.

1. Non si molla. Mai.

“Non si molla. Mai.” Così comincia Velasco.

Vuol dire che possiamo avere giornate storte, incontri che non vanno come speravamo, clienti che ci chiudono la porta in faccia. Possiamo anche sbagliare tono, arrivare stanchi, perdere un’occasione. Ma mollare è un’altra cosa. Mollare significa arrendersi, decidere che non vale la pena continuare.

Nel mondo della consulenza questo è decisivo: chi molla non solo perde una trattativa, ma mette in discussione la propria credibilità. Un cliente percepisce subito quando un consulente smette di crederci, quando si arrende al primo ostacolo.

Resistere, invece, non è testardaggine cieca. È la scelta di restare in campo, di continuare a giocare la partita anche quando il punteggio è sfavorevole. È la postura di chi non si fa definire da un “no”, ma lo considera una tappa verso il “sì”.

2. No alla cultura degli alibi

La seconda regola di Velasco è un colpo diretto al cuore: “No alla cultura degli alibi.”

Quante volte, nel nostro lavoro, ci troviamo a pensare: “Il cliente non capisce”, “il mercato è difficile”, “la crisi blocca tutto”. Sono frasi che sembrano innocue, ma che lentamente tolgono energia e responsabilità.

Velasco lo dice chiaramente: attribuire sempre ad altri la colpa dei nostri fallimenti ci rende sterili. Perché quando il problema è fuori da noi, smettiamo di chiederci come possiamo migliorare.

Per un consulente, questa è una regola d’oro. Significa assumersi la responsabilità di come comunichiamo, di come ci prepariamo, di come rispondiamo ai dubbi del cliente. Non possiamo controllare i mercati, certo, ma possiamo controllare la qualità delle nostre domande, la cura della nostra relazione, la chiarezza delle nostre soluzioni.

Gli alibi costruiscono muri. La responsabilità costruisce ponti.

3. L’errore fa parte dell’apprendimento

La terza regola sembra la più semplice, ma è forse la più rivoluzionaria: “L’errore fa parte dell’apprendimento.”

Viviamo in un tempo in cui il fallimento viene spesso vissuto come una macchia indelebile. Ma l’errore è, in realtà, il prezzo del progresso. Chi non sbaglia mai, semplicemente non si mette mai in gioco.

Nel nostro mestiere, ogni consulente porta sulle spalle una collezione di errori. Una proposta fatta male. Un cliente perso perché non ci siamo accorti di un dettaglio. Un investimento presentato nel momento sbagliato. Ma chi trasforma quegli errori in lezione diventa più forte, più solido, più credibile.

Velasco ricorda che l’errore non è un incidente da evitare a tutti i costi, ma un maestro severo. Nel lavoro di consulenza significa trasformare la sconfitta in metodo, l’imprevisto in apprendimento, la delusione in spinta a migliorare.

Educare senza proteggere troppo

C’è un passaggio delle riflessioni di Velasco che colpisce particolarmente chi, come noi, ha anche un ruolo di guida per collaboratori o giovani professionisti. Quando un ragazzo dice: “Il professore ce l’ha con me”, il genitore non dovrebbe intervenire per combattere al suo posto, ma insegnargli a cavarsela.

Tradotto in azienda: non proteggere troppo i collaboratori. Non risolvere sempre i problemi al posto loro. Dare fiducia significa lasciarli affrontare ostacoli, anche rischiando di vederli sbagliare. È così che si costruisce autonomia, coraggio, autostima.

Chi lavora con le persone sa che la fiducia non si proclama: si dimostra lasciando spazio, anche quando fa paura.

Essere ladri di idee

Velasco ha sempre dichiarato di non sentirsi “uno dei più grandi”, ma uno dei più aggiornati. La sua forza era, ed è, quella di essere un ladro di idee: rubare dai libri, dai film, dagli altri sport, da ogni esperienza.

È una lezione enorme anche per i consulenti: chi crede di sapere tutto è già superato. Chi continua a rubare idee, invece, rimane vivo. Significa contaminarsi con discipline diverse, imparare dai colleghi di altri settori, osservare ciò che funziona altrove e adattarlo al proprio lavoro.

Nel mondo veloce e mutevole di oggi, la curiosità è la forma più alta di competenza.

Saper perdere

Forse la lezione più difficile: accettare la sconfitta senza cercare colpevoli.

Lo sport è pieno di frasi come: “Abbiamo perso per colpa dell’arbitro”, “ci ha penalizzato il fuso orario”, “non era la nostra giornata”. Nel lavoro succede lo stesso: “Il cliente non aveva budget”, “il capo non ci ha sostenuto”, “il mercato non era pronto”.

Ma Velasco ricorda che saper perdere significa non dire niente. Non trovare scuse. Saper perdere significa imparare in silenzio.

E la differenza tra vincenti e perdenti, che lui ha visto in centinaia di atleti, sta proprio qui: i vincenti cercano soluzioni, i perdenti cercano alibi.

Una lezione per i consulenti (e per le aziende)

Per chi lavora nella consulenza, queste regole non sono un esercizio di filosofia sportiva: sono il manuale minimo della professionalità.

  • Non mollare significa non lasciarsi abbattere da un “no” del cliente, ma avere l’energia di riformulare e riprovare.
  • Non cercare alibi significa guardare dentro il proprio lavoro e chiedersi: “Come potevo fare meglio?”
  • Accettare l’errore significa usarlo come strumento di apprendimento, invece che come scusa per smettere di provarci.

E non riguarda solo i singoli: un’azienda che incoraggia la resilienza, che non alimenta la caccia ai colpevoli, che trasforma l’errore in conoscenza, diventa più forte, più coesa, più capace di adattarsi.

Conclusione

Julio Velasco, con la sua voce calma e tagliente, ha insegnato che la vera differenza tra vincere e perdere non sta nella tecnica perfetta, ma nel modo in cui affrontiamo le situazioni.

Per i consulenti, i manager, i professionisti di oggi, queste tre regole valgono più che mai:

  • Non mollare.
  • Non cercare alibi.
  • Accettare l’errore.

Sono regole semplici, ma rivoluzionarie. Non ci garantiscono di non cadere, ma ci insegnano a rialzarci. Non ci assicurano vittorie immediate, ma ci regalano resilienza.

E alla fine, forse, questa è la più grande lezione che lo sport regala al lavoro: la vera partita non è contro il cliente difficile o il mercato ostile, ma contro la tentazione di mollare, di cercare scuse, di non imparare più.