LA SOLITUDINE DEL LEADER

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È un afoso venerdì di metà giugno a fare da sfondo ad alcune riflessioni che si affacciano nei meandri dei pensieri, facendosi largo tra le programmazioni, le pianificazioni commerciali e lo studio degli output.

Sono considerazioni figlie di impressioni, sentimenti non sincronizzati, intensità non condivise. E quando, verso sera, mi metto in macchina e lascio partire Enrico Ruggeri dello stereo, emerge un quadro, un postulato, e mi torna in mente quella straordinaria lezione di Sergio Marchionne sulla solitudine del Leader.

Non che io abbia la presunzione di auto attribuirmi quel ruolo, sia chiaro; ma l’esercizio vale come riflessione, concetto, prodotto finito e concreto, utile a dare forma e sostanza ai pensieri che mi attraversano. Se capite cosa voglio dire.

Cos’è la leadership? Lungi da me star qui a spaccare le palle su discorsi triti e ritriti da convention stereotipate e guru da social network; ma come spiegazione simbolica  utile alla definizione di un tizio che sta li e deve in qualche modo far girare tutto quello che gli sta intorno.

Socrate direbbe che è più facile trovare molti esempi di leadership piuttosto che materializzare un concetto astratto. Un esempio di leader è il Sole, che conduce tutti i pianeti del sistema solare. Questa stella s’interfaccia liberamente con altri astri per definire il suo viaggio attraverso l’infinità del tempo e dello spazio. Il Sole è un condottiero per sé stesso, per i pianeti che lo seguono e per i corpi celesti con cui interagisce. Tutto questo esiste senza bisogno d’artificio umano, in modo naturale, come se così fosse sempre stato. Come se la leadership altro non fosse che un campo gravitazionale naturale che ognuno può trovare o riscoprire dentro di sé.

 Andando più terra, la lingua inglese utilizza due parole per distinguere due significati diversi di solitudine: Solitude, che esprime la solitudine positiva che nasce dalla scelta consapevole di creare lo spazio necessario per se stessi, per pensare e rinnovarsi. Loneliness è, invece, quella dolorosa che provoca angoscia e ansia, ma anche rabbia. La prima forma di solitudine è spesso alla base della creatività e dell’innovazione, la seconda, invece, accentua la separazione tra sé e le altre persone.

Per chi fa un lavoro come il mio è fondamentale saper individuare la natura della propria solitudine. La solitudine buona costituisce un elemento fondamentale della leadership; la seconda può condurre a situazioni altamente conflittuali e persino a guerre solitarie. L’uno contro tutti ha esiti incerti, il più delle volte sfavorevoli per chi le promuove.

Saper distinguere tra le forme di solitudine non è semplice in quanto può essere sottile la linea di demarcazione. A volte le forme di solitudine possono coesistere seppure ognuna con intensità diversa.

Nel mio team amo ripetere che io rappresento l’ultima ruota del carro, non per una sorta di autocommiserazione o nel tentativo di strappare una risposta che smentisca quella definizione, ma nel senso completo del termine. Una persona che lavorava con me rispose: no, tu SEI il carro. Ma le due cose non andavano e non vanno in contraddizione perché, per dimostrare che quel carro è in grado di correre, quell’ultima ruota deve essere capace di dare l’esempio e contenere con le sue spalle gli scossoni provocati dalle strade dissestate.

In un mondo iper connesso, riconoscere le proprie solitudini è utile per trovare dentro di sé la sensibilità e le energie che consentono sia di dare una nuova spinta al cambiamento, sia di capire quando arriva il momento di passare il testimone. La buonanima di Marchionne aveva intuito la necessità di lasciare, purtroppo per lui il destino gli ha impedito di rispettare i programmi.

Davanti alla solitudine diventa fondamentale (seppur, a volte, doloroso) il tempo dell’autoriflessione. Ed in questo week end di, diciamo, terapia, sono venute fuori queste righe e non posso che ringraziare chi ha avuto la pazienza di leggerle.

 

Nb: in merito alla solitudine del Leader prima citata è facile trovare alcuni spezzoni su youtube, per chi volesse leggerla per intero consiglio di recuperare  La Repubblica, 15 ottobre 2007  con l ‘intervista testimonianza di Dario Cresto-Dina.

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