Sono un manziniano della prima ora ed ero scettico, lo confesso, sulla riproduzione televisiva di un personaggio che ho amato molto fin dalle prime righe.
C’è da dire che lo stile di scrittura che Manzini utilizza nei romanzi che hanno come protagonista il Vice Questore Rocco Schiavone è originale nella struttura narrativa rispetto al panorama italiano dei gialli e, secondo me, molto adatta alla trasposizione in fiction. La mia “paura” era quella di dover smettere di immaginare quei personaggi nel modo in cui per qualche anno li avevo immaginati, per ritrovarmeli con i volti e le movenze di attori scelti da altri.
In un’estate di alcuni anni fa, mentre sceglievo alcuni libri da acquistare per accompagnare le mie vacanze, sugli scaffali della libreria Liberrima fui catturato da un titolo: 7-7-2007. Dopo aver letto la quarta di copertina vinsi la titubanza di acquistare un romanzo di una serie già esistente non avendo letto i precedenti “episodi”.
Quel libro, quella storia e quel personaggio mi rapirono e da li acquistai tutti i precedenti per leggerli in ordine cronologico.
Il vicequestore creato da Antonio Manzini è uno di quegli uomini di cui s’è perduto lo stampo: spigoloso al limite della maleducazione, irriverente e con una spiccata idiosincrasia verso i “piani altri”, ruvido e perennemente incazzato con il mondo. Rocco è un uomo che si porta dentro una serie di dolori insopportabili, non comunicabili agli altri, stretto tra l’improvvisa manifestazione dei ricordi, dolci e strazianti, che si sovrappongono alla crudezza della realtà violenta degli omicidi su cui deve indagare.
È uno di quei personaggi ai quali è impossibile non affezionarsi, nonostante, o forse proprio in virtù, di tutti i suoi difetti. Ed è impossibile non immedesimarsi in lui, nei suoi pensieri, nelle sue manie, nel suo stile. In quel carattere spigoloso ed irriducibile, poco incline ai compromessi, troviamo un manifesto da sottoscrivere in ogni pagina sfogliata. L’esilio ad Aosta, lo spinello di prima mattina per aiutare i pensieri a districarsi. Il Loden e le Clarks, che mi hanno fatto molto sorridere perché rappresentano due capi di abbigliamento che amo e che porto con orgoglio contro ogni moda dettata dal tempo, sin dagli anni della mia maturità. Il manifesto con la classifica delle rotture dei coglioni, che ho spudoratamente copiato ed affisso in una delle stanze del mio ufficio.
Con la puntata andata in onda il 24 marzo, la serie TV “pareggia” i romanzi iniziati con “Pista nera” e conclusi con “Ah, l’amore, l’amore”, in cui lasciamo Rocco, la notte di Capodanno, solo in un letto d’ospedale, dopo la riapertura della ferita a seguito dell’asportazione di un rene, e con l’immagine eterea di Marina che lo accarezza e gli regala qualche piccolo, impercettibile, momento di serenità.