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La prima domenica di Maggio

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Sono seduto in uno dei luoghi storici e iconici della mia città.

Sorseggio il mio Spritz Campari da una cannuccia di finto legno, mentre Jacopo mangia le patatine e mia moglie si accontenta di un caffè, non avendo trovato il latte di soia per un decente cappuccino. Sento la brezza leggera che mi accarezza il viso e sorrido davanti alla sfilata di candidati ad una settimana delle elezioni, le prime dopo tanti anni in cui non svolgo (per mia scelta) nessun ruolo, se non quello dell’elettore mediamente informato. Il sogno ricorrente delle mie ultime notti adesso da meno fastidio e l’ansia mi appare gestibile.

Potrei spingermi a dire che all’aperto l’aria sia gradevole. Oltre che calda.

La mia t-shirt blu, il GMT Master che ormai indosso solo nel fine settimana e le Superga bianche, mi riportano ai sogni adolescenziali nei quali mi vedevo come un manager in carriera che si concedeva normali weekend, che poi andavano in standbay quando mia madre portava in tavola la pastasciutta.

Alle mie spalle si crea una tavolata che festeggia una prima comunione, percepisco un aperitivo enorme con banali cocktail San Pellegrino intervallati da Fanta e Coca; outfit improbabili, nomi di bambini osceni.

Il ragazzo delle ordinazioni è di poche parole e gesti rapidi, nota il mio sarcasmo silenzioso e lo sottoscrive con mezzo sorriso. Mi coccola aumentando la dose di Campari nella miscela a scapito del prosecco.

Finiamo le mandorle tostate e le patatine, torniamo a casa, Jac sfida Super Mario, Valentina prepara le bavette con le cozze ed io scelgo un Rosato di Susumaniello di Paolo Leo. Poi apparecchio.

Il pomeriggio lo prevedo a mimetizzarmi sulla poltrona giallo ocra, sonnecchiando e spazzando via pensieri che vanno e che vengono.

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