Le due fantastiche stagioni con il Sassuolo e le prove sempre più convincenti nella nazionale di Roberto Mancini, stanno consacrando Manuel Locatelli come uno dei profili più interessanti del panorama calcistico italiano ed europeo.
Dopo un inizio da predestinato con la maglia del Milan e un periodo in cui non si riusciva a capire lo spessore del suo talento, finalmente sembra essere riuscito a dare un senso alle sue caratteristiche e a fornire un’idea più precisa del suo modo di stare in campo.
Come spesso capita ai giovani fenomeni, si arriva alla definizione di un ruolo preciso dopo un inevitabile periodo di evoluzione. Fino ad un anno e mezzo fa era abbastanza complicato incasellarlo in una posizione precisa o avere le idee chiare sulle sue qualità tecniche.
All’inizio della sua avventura al Sassuolo, quel Genio del calcio moderno che risponde al nome di Roberto De Zerbi, aveva provato a collocarlo nella posizione di vertice basso di centrocampo (alla Pirlo, come si usa dire). Ma la sua poca attitudine al gioco a due tocchi, ha poi consigliato la chiusura di quell’esperimento.
E questo lo sottolineiamo ai tanti allenatori da tastiera che lo vorrebbero come “regista” della Juventus.
Nel corso corso di quella stagione, quando il Sassuolo aveva giocato col centrocampo a tre, De Zerbi aveva preferito Magnanelli o Sensi nel ruolo di centromediano metodista, con Manuel spostato in posizione di mezzala sinistra. Stesso ruolo ricoperto all’inizio di questa stagione quando i neroverdi si schieravano con il 4-3-3. Nella stessa posizione agisce in nazionale, quando viene impiegato da Mancini in alternativa alle mezz’ali, preferibilmente sul lato sinistro del metronomo Jorginho.
Il periodo migliore per Locatelli è coinciso con il passaggio al 4-2-3-1. Schierato nella maggior parte dei casi in coppia con Obiang, la posizione di mediano del “doppio centrale” gli permette di partecipare al gioco su diverse altezze e di condizionare sia la prima costruzione che gli sviluppi successivi. Grazie ai riferimenti offerti dal gioco di posizione di De Zerbi, il rendimento di Locatelli è diventato costante e di ottimo livello.
È impossibile comprendere l’evoluzione del repertorio del centrocampista senza legarla alla sua funzione in campo. Locatelli influenza il sistema del Sassuolo soprattutto quando la palla circola nella propria metà campo. Ha il compito di dare continuità al possesso in fase di impostazione e, più di Obiang, deve occuparsi di trasmettere palla ai trequartisti. Consegne che richiedono pulizia tecnica e, soprattutto, letture intelligenti palla al piede, comprensione dei movimenti da eseguire e consapevolezza della posizione dei compagni.
In una squadra dalla fase di possesso sofisticata, che crea con continuità linee di passaggio intorno all’uomo con la palla, Locatelli ha trovato l’ambiente perfetto per il suo calcio. Uno dei punti di forza del suo repertorio è il modo in cui affronta la pressione avversaria, tanto che non è azzardato affermare che sia diventato uno dei centrocampisti più abili del campionato italiano a disinnescare il pressing.
Queste caratteristiche sono state esaltate dal sistema De Zerbi, la prova del nove sarà quella di vederlo in un contesto diverso.
La Juventus ne aveva intuito le potenzialità e provò a prenderlo la scorsa estate. La crisi economica legata al Covid consentiva alla società bianconera di imbastire solo operazioni con prestiti iniziali e diritto/obbligo di riscatto, come fatto con Morata e con Chiesa. Il Sassuolo non accettò la formula e Locatelli restò in neroverde. Quest’estate Paratici ci riproverà ma, in caso di buon fine della trattativa, come giocherebbe Locatelli nel centrocampo della Juventus? Non da regista, per quanto ampiamente detto, magari in un centrocampo a due in coppia con Arthur a cui è complementare ed in alternativa a Bentancur a cui è molto simile o, magari, proprio in coppia con l’uruguagio, per una linea di centrocampo di tecnica e potenza.
Basterà?