C’è una nuova specie che popola l’ecosistema delle aziende. Hanno superato i cinquant’anni, ma non li portano. Non come si faceva una volta, almeno. Hanno lo sguardo di chi ne ha viste tante e la pazienza di chi ha capito che, a volte, per vincere basta restare in piedi un po’ più a lungo degli altri. Sono i cinquantenni, sì. O, per chi ama le etichette ben stirate, i longennial.
Un nome così, un po’ figlio del marketing e un po’ delle rivoluzioni gentili. Un nome che non indica l’età, ma la postura. Quella di chi sta nel mondo con la schiena dritta, senza bisogno di dire io so perché glielo si legge negli occhi.
Fino a qualche tempo fa li davano per finiti. Una specie in via d’estinzione, soppiantata da agili ventenni in sneakers bianche sotto improbabili abiti blu senza cravatta e linguaggi in codice. Poi, all’improvviso, qualcosa è cambiato. Le aziende hanno iniziato a guardarli con un certo interesse, come si guarda una bottiglia di vino dimenticata in cantina: “Aspetta un attimo… ma questo è buono davvero”.
E così sono tornati. Più carichi di prima. Un po’ meno acrobatici, forse, ma molto più stabili. Portano in dote una cosa rara, che non si compra su LinkedIn: l’intelligenza organizzativa. Quella che sa quando parlare, ma soprattutto quando stare zitti. Che conosce la cultura aziendale come si conosce il retro di casa propria, con le sue crepe e le sue magie. Che non si perde in un bicchier d’acqua perché ha già attraversato il mare.
Sono seri, ma non seriosi. Competenti senza essere pedanti. Hanno quell’aria da non mi impressiono più per poco, che nei momenti di crisi diventa una specie di superpotere.
E poi, diciamocelo: si assentano meno. Perché alla fine, l’esperienza insegna anche a evitare il medico.
In mezzo a un team giovane, brillano per contrasto. Non perché siano migliori, ma perché sono diversi. E in quella diversità c’è valore. Creano ponti, non confini. Fanno da mentori senza fare i maestrini. E quando serve, sanno anche ridere di sé. Hanno imparato che l’ironia è la migliore alleata della competenza.
C’è qualcosa di straordinario nei cinquantenni di oggi. Non vogliono “tornare giovani”. Vogliono essere utili. E lo sono. Perché un’azienda, per crescere davvero, ha bisogno di molte età che convivono. Di slanci e di solidità, di entusiasmo e di memoria.
E allora smettiamola di contarli per età. Guardiamoli per quello che sono: un’energia discreta, una saggezza concreta, una risorsa che il futuro – a ben vedere – non può permettersi di sprecare.
E poi, diciamolo: oggi cinquant’anni sono i nuovi trentacinque. Solo con meno ansie e più ferie accumulate.